di Le Corbusier
Con questo famosissimo libro, scritto negli anni Trenta, Le Corbusier, il più importante architetto del XX secolo, riscopre l’America e inventa un genere letterario, a metà strada fra il manifesto, il saggio e il racconto. Quando le cattedrali erano bianche è un originale reportage di viaggio negli USA, al centro del quale si snoda il confronto fra la civiltà europea e quella statunitense, che alla luce delle vicende di questi ultimi tempi, per la frequente contrapposizione politica tra vecchio e nuovo continente, risulta quanto mai attuale. Lo sguardo di Le Corbusier non è rivolto solo al mondo dell’architettura, anche se essa, per il maestro, costituisce una pietra di paragone, un messaggio sociale, una profezia capace d’interpretare le speranze di rinnovamento di un’intera civiltà. Ma le pagine di Le Corbusier non sono solo pensose: esse contengono anche scanzonate valutazioni sul costume, acute istantanee su noti personaggi della vita pubblica, osservazioni argute sulla moda e i modi di pensare di quel paese. Le cattedrali erano bianche nel medioevo, agli albori della civiltà europea, quando freschezza e giovinezza erano caratteristiche dell’epoca, le stesse che contraddistinguono gli Stati Uniti, alla metà degli anni Trenta, mentre stanno perfezionando il tracciato della loro via al modernismo, fondata su quell’idea di civilisation machiniste, tanto cara all’architetto svizzero. Questo libro, intelligentemente disordinato, generoso e autobiografico, si pone all’insegna di un’inesausta speranza progettuale, che assume l’universo urbano statunitense come possibile teatro di un cambiamento radicale dei modi di vivere ed abitare, illusoriamente fondati su un’esigenza di libertà, ma effettivamente basati su un enorme spreco di risorse e di tempo. Malgrado il suo ottimismo lievemente modernolatrico, a Le Corbusier non sfuggono i limiti dell’american way of life e il costante confronto fra le due sponde dell’Atlantico innesca una serie di spunti polemici ed una vasta aneddotica, spesso molto gustosa. Il testo, pur assumendo l’architettura come elemento d’interpretazione della realtà americana, non è affatto un testo disciplinare, come avrebbe potuto confermare il grande pittore Fernand Léger, compagno di viaggio di Le Corbusier nella prima parte della sua avventura americana, iniziata a bordo del leggendario Normandie. Quando i piroscafi avevano due o tre fumaioli.
> Le Corbusier (1887-1965), pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret, svizzero di origine ma cittadino francese, è stato pittore e scultore, ma è noto soprattutto per la sua opera architettonica, che ne ha fatto uno dei più grandi progettisti di tutti i tempi.
> Amédée Ozenfant (1886-1966), pittore francese, nel 1918 diede vita, con Le Corbusier, alla tendenza denominata Purismo e, nel 1920, alla rivista L’Esprit Nouveau.
Veste editoriale: Brossura
Formato:
Pagine: 340
Immagini a colori:
Immagini b/n:
Lingua: IT
Anno: 2003
ISBN: 9788882730468
di Le Corbusier
Con questo famosissimo libro, scritto negli anni Trenta, Le Corbusier, il più importante architetto del XX secolo, riscopre l’America e inventa un genere letterario, a metà strada fra il manifesto, il saggio e il racconto. Quando le cattedrali erano bianche è un originale reportage di viaggio negli USA, al centro del quale si snoda il confronto fra la civiltà europea e quella statunitense, che alla luce delle vicende di questi ultimi tempi, per la frequente contrapposizione politica tra vecchio e nuovo continente, risulta quanto mai attuale. Lo sguardo di Le Corbusier non è rivolto solo al mondo dell’architettura, anche se essa, per il maestro, costituisce una pietra di paragone, un messaggio sociale, una profezia capace d’interpretare le speranze di rinnovamento di un’intera civiltà. Ma le pagine di Le Corbusier non sono solo pensose: esse contengono anche scanzonate valutazioni sul costume, acute istantanee su noti personaggi della vita pubblica, osservazioni argute sulla moda e i modi di pensare di quel paese. Le cattedrali erano bianche nel medioevo, agli albori della civiltà europea, quando freschezza e giovinezza erano caratteristiche dell’epoca, le stesse che contraddistinguono gli Stati Uniti, alla metà degli anni Trenta, mentre stanno perfezionando il tracciato della loro via al modernismo, fondata su quell’idea di civilisation machiniste, tanto cara all’architetto svizzero. Questo libro, intelligentemente disordinato, generoso e autobiografico, si pone all’insegna di un’inesausta speranza progettuale, che assume l’universo urbano statunitense come possibile teatro di un cambiamento radicale dei modi di vivere ed abitare, illusoriamente fondati su un’esigenza di libertà, ma effettivamente basati su un enorme spreco di risorse e di tempo. Malgrado il suo ottimismo lievemente modernolatrico, a Le Corbusier non sfuggono i limiti dell’american way of life e il costante confronto fra le due sponde dell’Atlantico innesca una serie di spunti polemici ed una vasta aneddotica, spesso molto gustosa. Il testo, pur assumendo l’architettura come elemento d’interpretazione della realtà americana, non è affatto un testo disciplinare, come avrebbe potuto confermare il grande pittore Fernand Léger, compagno di viaggio di Le Corbusier nella prima parte della sua avventura americana, iniziata a bordo del leggendario Normandie. Quando i piroscafi avevano due o tre fumaioli.
> Le Corbusier (1887-1965), pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret, svizzero di origine ma cittadino francese, è stato pittore e scultore, ma è noto soprattutto per la sua opera architettonica, che ne ha fatto uno dei più grandi progettisti di tutti i tempi.
> Amédée Ozenfant (1886-1966), pittore francese, nel 1918 diede vita, con Le Corbusier, alla tendenza denominata Purismo e, nel 1920, alla rivista L’Esprit Nouveau.
Veste editoriale: Brossura
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Pagine: 340
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Anno: 2003
ISBN: 9788882730468
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