di AA.VV.
a cura di Roberto Cassanelli – Paolo Piva
Come è noto, la nozione di romanico «lombardo» supera largamente i confini amministrativi dell’attuale Lombardia (così territorialmente definita solo dopo l’Unità), a marcare uno dei centri propulsori a raggio europeo del rinnovamento architettonico e artistico dopo l’Anno Mille. Al punto che un secolo fa un grande storico dell’arte americano, Arthur Kingsley Porter, tentando con una monumentale catalogazione sinora insuperata di censirne i monumenti conosciuti (Lombard architecture, 1915-1917), inglobava nel concetto l’intera Italia centro-settentrionale. Per non parlare della diffusione di formule architettoniche e soluzioni decorative, come quella degli archetti pensili, che ne proiettano anche a grande distanza i presunti effetti (dalla Catalogna alla Svezia). Essa ne individua comunque il baricentro, che nella triangolazione tra Milano, Como e Pavia segna i raggiungimenti più alti del fenomeno, oltre a registrare la fitta trama di esperienze diffuse nel territorio, con densità e coerenza non comuni. Quale sia la ragione di tale situazione privilegiata è difficile dire. Si è fatto appello, non impropriamente, alla lunga tradizione di maestranze specializzate nella lavorazione della pietra (estratta dalle vicine cave prealpine) che si è voluta far risalire ai «magistri comacini» di età longobarda (ma si discute ancora sulla corretta etimologia del nome), o meglio ai maestri intelvesi e poi campionesi, che percorsero le strade dell’Italia centro-settentrionale tra il XII e il XIV secolo. Nell’arco di due secoli, dall’esaurimento della concezione ottoniana del potere all’affermazione del comune e poi al suo lento declino, si attesta una concezione strutturale del tutto nuova, che porta alla realizzazione di edfici solidi e durevoli, in pietra da taglio nelle zone alpine e in mattoni nella vasta area padana, spesso voltati in muratura, con soluzioni tecniche e formali originali e precoci. Parallelamente risorge la grande pittura murale e la scultura istoriata, che anima i capitelli delle basiliche. Il presente lavoro, dedicato ai monumenti romanici della Lombardia, costituisce dunque un adempimento fondamentale all’interno della collana «Patrimonio Artistico Italiano» e al tempo stesso rappresenta il primo ampio tentativo di sintesi a un secolo dal grande lavoro di Porter. L’eccezionalità del fenomeno ha necessitato la divisione in due distinti volumi, il presente dedicato ai grandi cantieri dell’XI e XII secolo; il secondo alle testimonianze diffuse nel territorio.
– Volume della Collana “Patrimonio Artistico Italiano“
Veste editoriale: Cartonato con Sovraccoperta
Formato: 20×28
Pagine: 290
Immagini a colori:
Immagini b/n:
Lingua: IT
Anno: 2017
ISBN: 9788816605480
di AA.VV.
a cura di Roberto Cassanelli – Paolo Piva
Come è noto, la nozione di romanico «lombardo» supera largamente i confini amministrativi dell’attuale Lombardia (così territorialmente definita solo dopo l’Unità), a marcare uno dei centri propulsori a raggio europeo del rinnovamento architettonico e artistico dopo l’Anno Mille. Al punto che un secolo fa un grande storico dell’arte americano, Arthur Kingsley Porter, tentando con una monumentale catalogazione sinora insuperata di censirne i monumenti conosciuti (Lombard architecture, 1915-1917), inglobava nel concetto l’intera Italia centro-settentrionale. Per non parlare della diffusione di formule architettoniche e soluzioni decorative, come quella degli archetti pensili, che ne proiettano anche a grande distanza i presunti effetti (dalla Catalogna alla Svezia). Essa ne individua comunque il baricentro, che nella triangolazione tra Milano, Como e Pavia segna i raggiungimenti più alti del fenomeno, oltre a registrare la fitta trama di esperienze diffuse nel territorio, con densità e coerenza non comuni. Quale sia la ragione di tale situazione privilegiata è difficile dire. Si è fatto appello, non impropriamente, alla lunga tradizione di maestranze specializzate nella lavorazione della pietra (estratta dalle vicine cave prealpine) che si è voluta far risalire ai «magistri comacini» di età longobarda (ma si discute ancora sulla corretta etimologia del nome), o meglio ai maestri intelvesi e poi campionesi, che percorsero le strade dell’Italia centro-settentrionale tra il XII e il XIV secolo. Nell’arco di due secoli, dall’esaurimento della concezione ottoniana del potere all’affermazione del comune e poi al suo lento declino, si attesta una concezione strutturale del tutto nuova, che porta alla realizzazione di edfici solidi e durevoli, in pietra da taglio nelle zone alpine e in mattoni nella vasta area padana, spesso voltati in muratura, con soluzioni tecniche e formali originali e precoci. Parallelamente risorge la grande pittura murale e la scultura istoriata, che anima i capitelli delle basiliche. Il presente lavoro, dedicato ai monumenti romanici della Lombardia, costituisce dunque un adempimento fondamentale all’interno della collana «Patrimonio Artistico Italiano» e al tempo stesso rappresenta il primo ampio tentativo di sintesi a un secolo dal grande lavoro di Porter. L’eccezionalità del fenomeno ha necessitato la divisione in due distinti volumi, il presente dedicato ai grandi cantieri dell’XI e XII secolo; il secondo alle testimonianze diffuse nel territorio.
– Volume della Collana “Patrimonio Artistico Italiano“
Veste editoriale: Cartonato con Sovraccoperta
Formato: 20×28
Pagine: 290
Immagini a colori:
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Lingua: IT
Anno: 2017
ISBN: 9788816605480
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