Oggi tutto il mondo discute di denaro. E non c’è da meravigliarsi se in futuro le casse degli Stati europei ne avranno sempre di meno. Sarebbe illusorio credere che le restrizioni dei bilanci pubblici non si riflettano sul clima politico generale: oggi, il successo di molte, troppe, tecnologie e progetti è ancora in larga parte legato all’erogazione di denaro pubblico. Gli stessi promotori di interessi tra loro contrastanti si comportano sempre come un uomo solo quando si tratta di reclamare un finanziamento. A quel punto saranno forse gli aspetti formali ed estetici ad avere la peggio? E dove si arresterà il consenso dei cittadini quando scopriranno che la protezione del clima è troppo onerosa? I sociologi, fin d’ora, prevedono un calo di disponibilità a condividere misure radicali e non possiamo certamente eludere il sospetto di non aver mai realmente cominciato a risparmiare.
In politica, in economia e per l’opinione pubblica, fa molta più presa il discorso sulle energie rinnovabili che quello sull’efficienza energetica, per non parlare del tentativo di limitare le esigenze individuali. “Basta che non si facciano rinunce!” è il grido che emerge dal dibattito sulla sostenibilità. Anche se la domanda: »Quanto è abbastanza?« non sarà più facile da eludere. In caso contrario, l’aumento della superficie abitativa pro capite e il progressivo consumo di territorio saranno destinati a vanificare ogni sforzo per mantenere alto il livello di efficienza. Gli stili di vita »sufficienti« devono tuttavia scaturire dalla convinzione dei singoli, e per alcuni è già così: sono sempre di più i lavoratori che rinunciano all’aumento di stipendio in cambio di maggior tempo libero. Il tempo, la formazione e le relazioni sociali fanno parte di quelle risorse la cui generazione non produce effetti negativi sull’ambiente; oltretutto, al giorno d’oggi, sono molto più ambite che in passato.
L’architettura potrebbe servire a incoraggiare questi stili di vita, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello attuale. Dove sono le abitazioni che, occupando poca superficie, offrono spazio in egual misura per la privacy e per le relazioni sociali? Dove sono i quartieri che grazie alla mescolanza delle funzioni non incrementano la mobilità e i cui ambienti sono confortevoli anche con 19 gradi di temperatura interna? La rinuncia al superfluo non ha niente a che vedere con l’automortificazione, mentre può benissimo essere accompagnata da un valore aggiunto nel senso della qualità della vita. Questa visione, oggi, è estremamente impopolare. Ma la situazione potrebbe cambiare molto più rapidamente di quanto oggi siamo in grado di prevedere.
Veste editoriale: Brossura
Formato: 21×29
Pagine: 160
Lingua: D-IT
Anno: 2011
ISSN: 011-9571-GR0211
Oggi tutto il mondo discute di denaro. E non c’è da meravigliarsi se in futuro le casse degli Stati europei ne avranno sempre di meno. Sarebbe illusorio credere che le restrizioni dei bilanci pubblici non si riflettano sul clima politico generale: oggi, il successo di molte, troppe, tecnologie e progetti è ancora in larga parte legato all’erogazione di denaro pubblico. Gli stessi promotori di interessi tra loro contrastanti si comportano sempre come un uomo solo quando si tratta di reclamare un finanziamento. A quel punto saranno forse gli aspetti formali ed estetici ad avere la peggio? E dove si arresterà il consenso dei cittadini quando scopriranno che la protezione del clima è troppo onerosa? I sociologi, fin d’ora, prevedono un calo di disponibilità a condividere misure radicali e non possiamo certamente eludere il sospetto di non aver mai realmente cominciato a risparmiare.
In politica, in economia e per l’opinione pubblica, fa molta più presa il discorso sulle energie rinnovabili che quello sull’efficienza energetica, per non parlare del tentativo di limitare le esigenze individuali. “Basta che non si facciano rinunce!” è il grido che emerge dal dibattito sulla sostenibilità. Anche se la domanda: »Quanto è abbastanza?« non sarà più facile da eludere. In caso contrario, l’aumento della superficie abitativa pro capite e il progressivo consumo di territorio saranno destinati a vanificare ogni sforzo per mantenere alto il livello di efficienza. Gli stili di vita »sufficienti« devono tuttavia scaturire dalla convinzione dei singoli, e per alcuni è già così: sono sempre di più i lavoratori che rinunciano all’aumento di stipendio in cambio di maggior tempo libero. Il tempo, la formazione e le relazioni sociali fanno parte di quelle risorse la cui generazione non produce effetti negativi sull’ambiente; oltretutto, al giorno d’oggi, sono molto più ambite che in passato.
L’architettura potrebbe servire a incoraggiare questi stili di vita, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello attuale. Dove sono le abitazioni che, occupando poca superficie, offrono spazio in egual misura per la privacy e per le relazioni sociali? Dove sono i quartieri che grazie alla mescolanza delle funzioni non incrementano la mobilità e i cui ambienti sono confortevoli anche con 19 gradi di temperatura interna? La rinuncia al superfluo non ha niente a che vedere con l’automortificazione, mentre può benissimo essere accompagnata da un valore aggiunto nel senso della qualità della vita. Questa visione, oggi, è estremamente impopolare. Ma la situazione potrebbe cambiare molto più rapidamente di quanto oggi siamo in grado di prevedere.
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