Il confronto tra due epoche molto vicine ma piuttosto diverse è il tema di «Casabella» 957. Nelle prime pagine vi sono presentati tre edifici progettati per offrire spazi discreti destinati a svolgere funzioni soltanto in apparenza differenti. La logica sulla base della quale questo numero è stato costruito ha indotto «Casabella» a premettere alle immagini che li rappresentano una fotografia del silo Solsire costruito da Eladio Dieste a Montevideo tra il 1992 e il 1994: volte a doppia curvatura con una luce di 28,50 metri, alte 13 metri coprono uno spazio non segmentato lungo 108 metri. Quest’opera di Dieste venne costruita quando di software AutoCAD quasi non si parlava. Difficile immaginare che edifici quali quelli che «Casabella» 957 presenta, progettati da Experience, Felgendreher Olfs Köchling e Karamuk Kuo, tre vasti contenitori accomunati dall’essere dei “vuoti” come li definisce Michel Carlana, siano stati concepiti senza l’ausilio delle tecnologie utilizzate nella maggior parte degli studi di progettazione contemporanei. I modi nei quali gli architetti lavorano ai nostri giorni sono del tutto diversi da quelli che hanno consentito il formarsi della tradizione a loro più vicina, di cui «Casabella» 957 esplora un episodio non universalmente noto, rappresentato dal lavoro che l’architetto danese Kay Fisker svolse tra l’inizio e gli anni Sessanta del Novecento, affrontando i temi relativi ai modi dell’abitare contemporaneo e costruendo opere quali il Padiglione della Danimarca all’Expo di Parigi del 1925, l’Università di Aarhus, l’Accademia di Danimarca a Roma. In più di 70 pagine di «Casabella» 957 Luca Ortelli ha raccolto disegni, fotografie e fornito informazioni che dovrebbero rendere familiare ai lettori la figura di Fisker, le cui opere rappresentano una istruttiva pietra di paragone per il lavoro che si svolge nei paperless studios dei nostri giorni.