di Bruno Zevi
«La critica architettonica, e perciò la storia dell’architettura, non serve soltanto a far rivivere il passato o a consacrare con un premio l’opera di questo o quell’artista contemporaneo: essa decide le sorti stesse dell’architettura antica e moderna».
Questo sorprendente saggio – illustrato in maniera del tutto personale, con una freschezza e una radicalità pari a quelle del precedente Saper vedere l’architettura – è il libro che forse meglio rappresenta la maturità di Bruno Zevi. Architectura in nuce è infatti tanto un omaggio all’estetica di Benedetto Croce quanto un’originale applicazione della dialettica all’architettura: quasi una sinfonia, articolata nei tre movimenti hegeliani. La prima parte, teorica, è dedicata a una definizione dell’architettura attraverso l’analisi della sua essenza, ovvero lo spazio interno; la seconda, metodologica, ai problemi della storiografia architettonica; la terza, alla necessità di reintegrare nell’architettura tutte le sue moderne diramazioni (ingegneria, urbanistica, design). La tripartizione crociana (poesia, non poesia, anti-poesia) richiama così la suddivisione hegeliana di tesi, antitesi, sintesi. Come scrive Rafael Moneo nella prefazione, quello che abbiamo davanti agli occhi è «uno Zevi allo stato puro. Uno Zevi intelligente, perspicace, attento, entusiasta, sottile, con il senso dei tempi, mordace, ben informato, che domina con scioltezza le fonti… ma sempre dalla parte di ciò che intende come lo sforzo dei ribelli contro i potenti».
Grazie a un sapiente montaggio di citazioni scelte, risuonano qui le voci della scuola crociana (Matteo Marangoni, Carlo Ludovico Ragghianti), della critica d’arte viennese (Franz Wickhoff, Alois Riegl, Julius von Schlosser) e di altri teorici cari all’autore (Cesare Brandi, Sergio Bettini, Heinrich Wölfflin). Ne nasce un’avvincente – quanto partigiana – definizione di architettura, che tocca ogni epoca e ambito,dalla preistoria al manierismo fino alla modernità di Le Corbusier, Erich Mendelsohn e Frank Lloyd Wright, senza trascurare gli esiti vernacolari, paesaggistici e urbanistici.
Lo spazio interno ne è il concetto chiarificatore, e la sua interpretazione ruota intorno a un assunto di Henri Focillon: «L’originalità più profonda dell’architettura come tale risiede forse nella massa interna. Dando una forma a questo spazio cavo, essa crea veramente il proprio universo».
Il libero accostamento di fotografie, selezionate e impaginate dallo stesso Zevi, anticipa molta pubblicistica successiva anche nel confronto con le altre arti, ma con un dinamismo unico nel suo genere. Il critico romano infatti non costruisce una mera antologia di opinioni, ma intesse un serrato assemblaggio di giudizi che coinvolge a pieno titolo le immagini, le quali dunque rivestono la stessa importanza delle parole. Architectura in nuce è pertanto un libro rivolto a tutti, al di là dei singoli specialismi, perché, come conclude l’autore: «Non solo il godimento, ma l’esistenza stessa dei monumenti del passato, e tanto più dei loro ambienti, dipende dalla forza persuasiva della critica architettonica».
> Bruno Zevi (1918-2000), dopo aver studiato alla Sapienza di Roma e all’Architectural Association di Londra, si è laureato in architettura presso la Harvard Graduate School of Design, presieduta da Walter Gropius. Tornato in Europa, ha partecipato alla lotta antifascista nelle file del Partito d’Azione. Nel dopoguerra ha promosso l’Associazione per l’Architettura Organica (Apao) e «Metron. Rivista internazionale di architettura». Dal 1954 ha curato una rubrica sul settimanale «L’Espresso» e ha poi diretto la rivista mensile «L’architettura. Cronache e storia». È stato professore ordinario di Storia dell’architettura a Venezia e a Roma, vicepresidente – sin dalla fondazione nel 1959 – dell’Istituto Nazionale di Architettura (Inarch) e presidente del Partito Radicale. È stato inoltre segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) e deputato al Parlamento. Tra le sue numerose opere, molte delle quali tradotte in più lingue, ricordiamo Saper vedere l’architettura (1948), Storia dell’architettura moderna (1950) – entrambe pubblicate da Einaudi, di cui è stato a lungo consulente editoriale – ed Ebraismo e architettura (Giuntina, Firenze 2018).
Veste editoriale: Brossura
Formato: 17×24
Pagine: 250
Immagini a colori:
Immagini b/n:
Lingua: IT
Anno: 2018
ISBN: 9788822901415
Bruno Zevi (1918-2000), dopo aver studiato alla Sapienza di Roma e all’Architectural Association di Londra, si è laureato in architettura presso la Harvard Graduate School of Design, presieduta da Walter Gropius. Tornato in Europa, ha partecipato alla lotta antifascista nelle file del Partito d’Azione. Nel dopoguerra ha promosso l’Associazione per l’Architettura Organica (Apao) e «Metron. Rivista internazionale di architettura». Dal 1954 ha curato una rubrica sul settimanale «L’Espresso» e ha poi diretto la rivista mensile «L’architettura. Cronache e storia». È stato professore ordinario di Storia dell’architettura a Venezia e a Roma, vicepresidente – sin dalla fondazione nel 1959 – dell’Istituto Nazionale di Architettura (Inarch) e presidente del Partito Radicale. È stato inoltre segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) e deputato al Parlamento. Tra le sue numerose opere, molte delle quali tradotte in più lingue, ricordiamo Saper vedere l’architettura (1948), Storia dell’architettura moderna (1950) – entrambe pubblicate da Einaudi, di cui è stato a lungo consulente editoriale – ed Ebraismo e architettura (Giuntina, Firenze 2018).
di Bruno Zevi
«La critica architettonica, e perciò la storia dell’architettura, non serve soltanto a far rivivere il passato o a consacrare con un premio l’opera di questo o quell’artista contemporaneo: essa decide le sorti stesse dell’architettura antica e moderna».
Questo sorprendente saggio – illustrato in maniera del tutto personale, con una freschezza e una radicalità pari a quelle del precedente Saper vedere l’architettura – è il libro che forse meglio rappresenta la maturità di Bruno Zevi. Architectura in nuce è infatti tanto un omaggio all’estetica di Benedetto Croce quanto un’originale applicazione della dialettica all’architettura: quasi una sinfonia, articolata nei tre movimenti hegeliani. La prima parte, teorica, è dedicata a una definizione dell’architettura attraverso l’analisi della sua essenza, ovvero lo spazio interno; la seconda, metodologica, ai problemi della storiografia architettonica; la terza, alla necessità di reintegrare nell’architettura tutte le sue moderne diramazioni (ingegneria, urbanistica, design). La tripartizione crociana (poesia, non poesia, anti-poesia) richiama così la suddivisione hegeliana di tesi, antitesi, sintesi. Come scrive Rafael Moneo nella prefazione, quello che abbiamo davanti agli occhi è «uno Zevi allo stato puro. Uno Zevi intelligente, perspicace, attento, entusiasta, sottile, con il senso dei tempi, mordace, ben informato, che domina con scioltezza le fonti… ma sempre dalla parte di ciò che intende come lo sforzo dei ribelli contro i potenti».
Grazie a un sapiente montaggio di citazioni scelte, risuonano qui le voci della scuola crociana (Matteo Marangoni, Carlo Ludovico Ragghianti), della critica d’arte viennese (Franz Wickhoff, Alois Riegl, Julius von Schlosser) e di altri teorici cari all’autore (Cesare Brandi, Sergio Bettini, Heinrich Wölfflin). Ne nasce un’avvincente – quanto partigiana – definizione di architettura, che tocca ogni epoca e ambito,dalla preistoria al manierismo fino alla modernità di Le Corbusier, Erich Mendelsohn e Frank Lloyd Wright, senza trascurare gli esiti vernacolari, paesaggistici e urbanistici.
Lo spazio interno ne è il concetto chiarificatore, e la sua interpretazione ruota intorno a un assunto di Henri Focillon: «L’originalità più profonda dell’architettura come tale risiede forse nella massa interna. Dando una forma a questo spazio cavo, essa crea veramente il proprio universo».
Il libero accostamento di fotografie, selezionate e impaginate dallo stesso Zevi, anticipa molta pubblicistica successiva anche nel confronto con le altre arti, ma con un dinamismo unico nel suo genere. Il critico romano infatti non costruisce una mera antologia di opinioni, ma intesse un serrato assemblaggio di giudizi che coinvolge a pieno titolo le immagini, le quali dunque rivestono la stessa importanza delle parole. Architectura in nuce è pertanto un libro rivolto a tutti, al di là dei singoli specialismi, perché, come conclude l’autore: «Non solo il godimento, ma l’esistenza stessa dei monumenti del passato, e tanto più dei loro ambienti, dipende dalla forza persuasiva della critica architettonica».
> Bruno Zevi (1918-2000), dopo aver studiato alla Sapienza di Roma e all’Architectural Association di Londra, si è laureato in architettura presso la Harvard Graduate School of Design, presieduta da Walter Gropius. Tornato in Europa, ha partecipato alla lotta antifascista nelle file del Partito d’Azione. Nel dopoguerra ha promosso l’Associazione per l’Architettura Organica (Apao) e «Metron. Rivista internazionale di architettura». Dal 1954 ha curato una rubrica sul settimanale «L’Espresso» e ha poi diretto la rivista mensile «L’architettura. Cronache e storia». È stato professore ordinario di Storia dell’architettura a Venezia e a Roma, vicepresidente – sin dalla fondazione nel 1959 – dell’Istituto Nazionale di Architettura (Inarch) e presidente del Partito Radicale. È stato inoltre segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) e deputato al Parlamento. Tra le sue numerose opere, molte delle quali tradotte in più lingue, ricordiamo Saper vedere l’architettura (1948), Storia dell’architettura moderna (1950) – entrambe pubblicate da Einaudi, di cui è stato a lungo consulente editoriale – ed Ebraismo e architettura (Giuntina, Firenze 2018).
Veste editoriale: Brossura
Formato: 17×24
Pagine: 250
Immagini a colori:
Immagini b/n:
Lingua: IT
Anno: 2018
ISBN: 9788822901415
Bruno Zevi (1918-2000), dopo aver studiato alla Sapienza di Roma e all’Architectural Association di Londra, si è laureato in architettura presso la Harvard Graduate School of Design, presieduta da Walter Gropius. Tornato in Europa, ha partecipato alla lotta antifascista nelle file del Partito d’Azione. Nel dopoguerra ha promosso l’Associazione per l’Architettura Organica (Apao) e «Metron. Rivista internazionale di architettura». Dal 1954 ha curato una rubrica sul settimanale «L’Espresso» e ha poi diretto la rivista mensile «L’architettura. Cronache e storia». È stato professore ordinario di Storia dell’architettura a Venezia e a Roma, vicepresidente – sin dalla fondazione nel 1959 – dell’Istituto Nazionale di Architettura (Inarch) e presidente del Partito Radicale. È stato inoltre segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (Inu) e deputato al Parlamento. Tra le sue numerose opere, molte delle quali tradotte in più lingue, ricordiamo Saper vedere l’architettura (1948), Storia dell’architettura moderna (1950) – entrambe pubblicate da Einaudi, di cui è stato a lungo consulente editoriale – ed Ebraismo e architettura (Giuntina, Firenze 2018).
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